sabato 26 febbraio 2011

FILM DA VEDERE: IL GRINTA

  • un film di Ethan Coen, Joel Coen
  • con Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld, Barry Pepper
  • Genere: Western
  • Durata: 110 min
  • Paese: USA 2010
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Mattie Ross è una quattordicenne fermamente intenzionata a portare dinanzi al giudice, perché venga condannato alla pena capitale, Tom Chaney l’uomo che ha brutalmente assassinato suo padre. Per far ciò ingaggia lo sceriffo Rooster Cogburn non più giovane e alcolizzato ma ritenuto da tutti un uomo duro. Cogburn non vuole la ragazzina tra i piedi ma lei gli si impone. Così come, in un certo qual modo, gli verrà imposta la presenza del ranger texano LaBoeuf. I tre si mettono sulle tracce di Chaney che, nel frattempo, si è unito a una pericolosa banda.
“I malvagi fuggono quando nessuno li insegue”. Con questo passo dal Libro dei Proverbi si apre il film che rappresenta l’ennesima sfida dei Coen. Questa volta i due registi decidono di confrontarsi al contempo con un genere che hanno (seppure a modo loro) già esplorato (il western) e con un’icona del cinema di nome John Wayne. Non era un’impresa facile realizzare un remake del film di Henry Hathaway che fece vincere l’Oscar al suo protagonista. Ma, come sempre, i Coen riescono a costruire un’opera totalmente personale pur rispettando (più dell’originale) lo spirito del romanzo di Charles Portis a cui la sceneggiatura si ispira.
Già la citazione biblica ne è un segno. Mattie è spinta a cercare giustizia da un carattere assolutamente determinato e lontano dall’iconografia della donna del West (Calamity Jane, Vienna/Joan Crawford e pochi altri esempi a parte) ma anche da un fondamentalismo che ha radici religiose. I Coen eliminano visivamente il prologo proponendo la vicenda come un flashback della memoria della donna Mattie. Una donna divenuta troppo precocemente tale perché nata in un mondo in cui dominano l’ignoranza (“Mia madre sa a malapena fare lo spelling della parola cat”) e la morte.
È un film sul distacco, sulla perdita, sulla separazione Il Grinta. Mattie non bacerà il cadavere del padre (per quanto sollecitata) ma assisterà all’impiccagione di tre condannati due dei quali potranno esprimere il loro pentimento o la loro rabbia. Il terzo non potrà farlo: è un nativo pellerossa. La stessa Mattie però dormirà nella stanza mortuaria accanto ai cadaveri degli impiccati. Da quel momento avrà inizio un lungo percorso in cui Rooster Cogburn, detto Il Grinta, sarà una sorta di disincantato ma al contempo dolente Virgilio pronto a raccontare di sé e del suo confronto quotidiano con una morte inferta o subita. Mattie lo vedrà per la prima volta non mentre arriva in città con i malfattori catturati (come nel film del 1969) ma emergere progressivamente alla visione mentre in tribunale gli viene chiesto conto degli omicidi (a favore della Legge certo ma sempre omicidi) compiuti. Jeff Bridges è perfetto nel rendere quasi tangibile questa figura di uomo della frontiera cinematograficamente in bilico tra la classicità e lo spaghetti-western. (scheda MyMovies)

domenica 20 febbraio 2011

FILM DA VEDERE: ANOTHER YEARS

 

  • un film di Mike Leigh
  • con Jim Broadbent, Lesley Manville, Ruth Sheen, Oliver Maltman, Peter Wight
  • Genere: Drammatico
  • Durata: 129 min
  • Paese: Gran Bretagna 2010

Lo scorrere delle stagioni di un anno accompagna la vita di un gruppo di personaggi. Gerri, psicologa e Tom, geologo, sono sposati da decenni e hanno un figlio avvocato, il trentenne Joe che conduce vita indipendente ma non ha ancora una compagna. Gerri e Tom ospitano spesso Mary, segretaria nella clinica in cui lavora Gerri sempre in cerca di un uomo col quale condividere le proprie tensioni. A loro si aggiungerà Ken, vecchio amico di Tom e ora spesso ubriaco. In autunno Joe porterà un sorpresa che i genitori troveranno molto piacevole: Katie, una terapista occupazionale di cui si è innamorato ricambiato. L’inverno una morte improvvisa colpirà la famiglia.
Mike Leigh, dopo la variazione sul tema di Happy Go Lucky torna ai suoi soggetti preferiti: le persone (non i personaggi si badi bene) colte nel loro quotidiano con i piccoli/grandi problemi del vivere e con le piccole/grandi gioie (i pomodori coltivati nell’orto fuori città). Leigh è innanzitutto un grande sceneggiatore. Non c’è uno dei suoi caratteri che pronunci frasi che suonino false ma quello che soprattutto resta intatto nel suo fare cinema è la pietas nei confronti delle persone che ritrae in frammenti di vita in cui ci si può in tutto o in parte riconoscere anche se si vive a latitudini diverse. Sia chiaro che non si tratta di ‘pietismo’. I suoi protagonisti non si piangono addosso. Vivono le loro contraddizioni, ne soffrono, Leigh ci mostra le loro lacrime ma anche i loro sorrisi senza pretendere nè di fare della facile psicologia nè, in questo caso, di analizzare uno spaccato sociale particolarmente definito. (scheda MyMovies)

 

FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO: TUTTI I PREMI

Questi i premi assegnati nella serata conclusiva della 61esima edizione della Berlinale:
- Orso d'Oro per miglior film: Nader and Simin, A Separation, del regista iraniano Asghar Farhadi. 
- Orso d'argento per Gran premio della giuria: The Turin Horse, del regista ungherese Bela Tarr. 
- Orso d'argento per il miglior regista: Ulrich Koehler per il filmSleeping sickness
- Orso d'argento per la migliore attrice: Leila Hatami, Sarina Farhadi e Sareh Bayat per il film Simin and Nader, A separation, di Asghar Farhadi. 
- Orso d'argento per il migliore attore: Payman Moadi, Shahab Hosseini, Babak Karimi per il filmSimin and Nader, A separation, di Asghar Farhadi. 
- Orso d'argento per la migliore sceneggiatura: The forgiveness of blood, del regista Joshua Marston. 
- Orso d'argento per il miglior contributo artistico: El premio, della regista Paula Markovitch, che è stato premiato per la migliore fotografia (del polacco Wojciech Staron) e la migliore scenografia (dell'argentina Barbara Enriquez). 
- Premio Alfred Bauer: If not us, who, del regista tedesco Andres Veiel. 
- Migliore opera prima: On the Ice, del regista Andrew Okpeaha MacLean. 
- Orso d'oro per il miglior cortometraggio: Night fishing, del gruppo sud coreano PARKing CHANce (Park Chan-wook e Park Chan-kyong).
- Orso d'argento per il miglior cortometraggio - Broken Night, della regista sud coreana Yang Hyo-joo.

sabato 12 febbraio 2011

ARNOLD SCHWARZENEGGER TORNA SUL GRANDE SCHERMO

Arnold Schwarzenegger torna sul grande schermo. Via Twitter l'ex governatore della California annuncia: ''I miei amici della mia agenzia, CAA, per sette anni mi hanno chiesto quando avrebbero potuto iniziare a esaminare offerte di lavoro. Oggi ho dato il via libera''. Schwarzenegger e' apparso per la prima volta sul grande schermo nel 1970 con il film 'Hercules in New York' e nel 1992 e' stato protagonista di 'Conan il Barbaro', che ne ha sancito il successo. (fonte: ansa)

mercoledì 9 febbraio 2011

MORTA LA SCRITTRICE FRANCESCA SANVITALE

È morta all'ospedale Santo Spirito di Roma la scrittrice Francesca Sanvitale dopo una lunga malattia. Ne danno l'annuncio i familiari. Nata a Milano da genitori emiliani, dal 1961 si era trasferita a Roma. Ha vissuto a Firenze dove si è laureata in letteratura italiana. È stata redattore editoriale e giornalista. Ha collaborato all'Espresso, al Messaggero e all'Unità. Ha lavorato per 26 anni in televisione occupandosi di spettacolo e programmi culturali. È stata fatta cavaliere della Repubblica per meriti culturali. Ha pubblicato sei romanzi - Il cuore borghese (1972),Madre e figlia (1980), L'uomo del parco (1984), Verso Paola(1991), Il figlio dell'Impero (1993), L'ultima casa prima del bosco (2003), L' inizio è in autunno(2008) – dedicandosi anche alla forma del racconto. Tra questi: La realtà è un dono (1987),Separazioni (1997), Tre favole dell'ansia e dell'ombra (1994). È autrice di due libri di saggi letterari e scritti di vita civile: Mettendo a fuoco (1988) e Camera ottica (1999). Per la collana Cento libri per Mille anni ha pubblicato Le scrittrici italiane dell'Ottocento, saggio introduttivo e scelta antologica (1997). È stata tradotta in Francia, Germania, America, Inghilterra e Portogallo. (da corriere.it)

sabato 5 febbraio 2011

FILM DA VEDERE: IL DISCORSO DEL RE

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  • un film di Tom Hooper.
  • con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Jennifer Ehle
  • Genere: Storico,
  • Durata: 111 min
  • Paese: Gran Bretagna, Australia 2010

Duca di York e secondogenito di re Giorgio V, Bertie è afflitto dall’infanzia da una grave forma di balbuzie che gli aliena la considerazione del padre, il favore della corte e l’affetto del popolo inglese. Figlio di un padre anaffettivo e padre affettuoso di Elisabetta (futura Elisabetta II) e Margaret, Bertie è costretto suo malgrado a parlare in pubblico e dentro i microfoni della radio, medium di successo degli anni Trenta. Sostituito il corpo con la viva voce, il Duca di York deve rieducare la balbuzie, buttare fuori le parole e trovare una voce. Lo soccorrono la devozione di Lady Lyon, sua premurosa consorte, e le tecniche poco convenzionali di Lionel Logue, logopedista di origine australiana. Tra spasmi, rilassamenti muscolari, tempi di uscita e articolazioni più o meno perfette, Bertie scalzerà il fratello “regneggiante”, salirà al trono col nome di Giorgio VI e troverà la corretta fonazione dentro il suo discorso più bello. Quello che ispirerà la sua nazione guidandola contro la Germania nazista.
Dopo aver raccontato la storia della Rivoluzione americana in nove ore, dentro una mini-serie e attraverso gli occhi del secondo presidente degli States (John Adams), Tom Hooper volge lo sguardo verso il vecchio continente, colto in tribolazione e alla vigilia del Secondo Conflitto Mondiale. Al centro del palcoscenico la cronaca del malinconico e addolorato Duca di York, figlio secondogenito dell’energico Giorgio V, inchiodato dalla balbuzie e da una complessata inferiorità di fronte allo spigliato fratello maggiore David. Crogiolo d’angoscia (im)medicabile e di squilibri emotivi sono quelle esitazioni, quei prolungamenti di suoni, quei continui blocchi silenti che impediscono a Bertie di esprimersi adeguatamente, ingenerando una sensazione di impotenza.
Il regista britannico si concentra sul vissuto interno del protagonista, rivelando le conseguenze emotive del disagio nel parlato ai tempi della radio e in assenza del visivo. Il discorso del re non si limita però a drammatizzare la stagione di vita più rilevante del nobile York e relaziona un profilo biografico di verità con un contesto storico drammatico e dentro l’Europa dei totalitarismi, prossima alle intemperanze strumentali e propagandistiche di Adolf Hitler. Non sfugge al re sensibile di Colin Firth e alla regia colta di Hooper l’abile oratoria del Führer, che intuì precocemente le strategie di negoziazione tra ascoltatore e (s)oggetto sonoro, il primo impegnato nel tentativo di ricostruire l’immagine della voce priva di corpo, il secondo istituendo un rapporto di credibilità se non addirittura di fede con la voce dall’altoparlante.
Se il mondo precipitava nell’abisso non era tempo di guardare al mondo con paura, soprattutto per un sovrano. Bertie, incoronato Giorgio VI, doveva ricucire dentro di sé il filo interrotto della relazione con l’altro, affrontando il suo popolo dietro al microfono e l’immaginario radiofonico. Fu un illuminato e poco allineato logopedista australiano a correggere il “mal di voce” di un re che voleva imporsi al silenzio. Lionel Logue sostituì col metodo il protocollo di corte, educando la balbuzie del suo blasonato allievo e incoraggiandolo a costruire la propria autostima, a riprendere il controllo della propria vita e a vincere prima la guerra con le parole e poi quella con le potenze dell’Asse.
A guadagnare la fluenza e a prendersi la parola è il ‘regale’ protagonista di Colin Firth, impeccabile nell’articolare legato, solenne nella riproposta plastico-fisica del suo sovrano e appropriato nell’interpretazione di un re che ‘ingessa’ emozioni e corporeità nel rispetto rigoroso della disciplina. Dietro al ‘re’ c’è l’incanto eccentrico di Geoffrey Rush, portatore di una “luccicanza” che brilla, rivelando la bellezza della musica (Shine) o quella di un uomo finalmente libero dalla paura di comunicare. (scheda MyMovies)